ESCLUSIVA SI Valentini: “Champions? Si può. Mancini ha 3 problemi”

Nazionale Italiana e Serie A, due facce di un calcio che è caduto in basso e che sta provando a rialzarsi in tanti modi. Se la vittoria dell'Europeo ha rappresentato il punto più alto della crescita degli Azzurri, poi "smentita" dalla mancata qualificazione al Mondiale in Qatar, la presenza di 6 squadre nelle varie competizioni europee è l'indicazione che anche a livello di club stiamo provando a dire la nostra di nuovo. 

Ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto in esclusiva l'ex direttore generale della Figc, Antonello Valentini, per parlare di queste tematiche. Valentini ha militato nei ranghi della in Figc per 27 anni dal 1987 al 2014, partendo a capo dell'ufficio stampa e delle relazioni esterne. Come dirigente porta in dote la partecipazione con la Nazionale a 7 campionati del Mondo dal 1990 al 2014 (compreso quindi il titolo mondiale 2006), 6 Europei e 3 Olimpiadi.

La Nazionale riparte da tanti volti nuovi e tanti giovani. Mancini sta percorrendo la strada giusta?

"Penso di sì, deve fare il pane con la farina che ha a disposizione. Deve scegliere fra il 33,6% dei calciatori di Serie A, perché il 66,4% non è selezionabile, questo è un problema oggettivo, che non dipende da Mancini. Fra le nostre squadre solo la Lazio ha l'attaccante titolare italiano, questo è un altro dato. Ma me ne vengono in mente anche altri".

Per esempio?

"Il fatto che la Federazione ha chiesto da molti mesi – nella parte che riguarda i calciatori professionisti – l'abolizione del decreto dignità. Che aveva una ratio condivisibile: far rientrare in Italia i cervelli. Ma si pensava ai ricercatori scientifici, ai medici, agli ingegneri elettronici. Se lo lasci attuabile per i calciatori professionisti, succede quello che vediamo oggi: organici delle squadre pieni zeppi di giocatori provenienti dall'estero, perché è più conveniente. Si pagano meno tasse investendo su un calciatore preso da fuori che su uno del proprio vivaio".

Tutti dati oggettivi.

"Sì, poi la Nazionale di Mancini resta un cantiere aperto. Lui ha detto che le porte restano aperte per tutti. Del resto, quando i giocatori non si vedono insieme fra di loro per quattro mesi, come è avvenuto, qualche problema c'è".

Negli ultimi anni c'è stato un problema soprattutto in attacco, tanto che Mancini ha chiamato Retegui. Come mai sussiste un problema proprio in quel ruolo, secondo lei?

"Sono cicli: a volte sono mancati difensori, altri centrocampisti, ora tocca agli attaccanti che in effetti sono pochi. Bisogna anche ricordare che in queste ultime due partite erano infortunati Raspadori e Chiesa. E che dietro ci sono i vari Scamacca, Pinamonti, Petagna e Berardi".

Retegui le è piaciuto, a livello tecnico?

"Penso che sia una buona scelta. E' un ragazzo che deve ancora crescere molto e conoscere l'ambiente. I suoi gol sono stati provvidenziali in queste due partite: le sue capacità realizzative sono fuori discussione, lo sta dimostrando in Argentina. Resta un'ottima alternativa ad Immobile, che come punta centrale è a mio modo di vedere il riferimento della squadra. Ciro è completo, fa gol, fa salire la squadra e lavora per essa".

E' d'accordo con Mancini quando dice che la presenza di 3 club italiani in Champions determina una crescita solo per essi e non per il calcio italiano?

"Bisogna distinguere fra il calcio italiano, rappresentato dalle società che stanno facendo benissimo nelle coppe europee a dispetto dei tanti che si affrettano a gettare fango, e fra il calcio degli italiani, quello della Nazionale e di coloro che possono essere selezionati per farne parte. Il fatto, di cui parlavo prima, che solo la Lazio abbia un centravanti italiano la dice lunga sulla situazione e sulle motivazioni – legittime – di competitività internazionale che spingono i club a muoversi così".

Cosa servirebbe per invertire la tendenza?

"Un grande patto fra tutte le componenti del calcio: dalla Serie A alla Lega Dilettanti, dall'Associazione Italiana Calciatori all'Associazione Italiana Allenatori, fino alla Figc. Per invertire la rotta, capirsi meglio sull'utilizzo e sull'investimento che si fa dei nostri calciatori. Ci sono squadre che storicamente sono ai primi posti in termini di vivaio e giovani, che ora stanno un po' rivedendo i loro piani".

Ci sono anche esempi virtuosi.

"Sì, mi ha fatto piacere vedere come l'Atalanta memore dell'esperienza con Favini, essendo un club molto attento al settore giovanile abbia ingaggiato Roberto Samaden. Un erede naturale di Favini, sono segnali significativi. Un lavoro eccellente lo sta facendo anche il Club Italia. Con Arrigo Sacchi nel 2010 abbiamo dato un impulso nuovo a tutte le selezioni giovanili. C'ero ancora io, costituimmo l'Under 15, che non esisteva. Oggi c'è Viscidi, che è un po' il "figlioccio" calcistico di Sacchi"".

Le selezioni giovanili in cosa sono importanti, oggi?

"Le varie Under sono preziose per la crescita dei giovani: garantiscono loro 8-10 match internazionali, che fanno fare esperienza, non si fanno poche partite come una volta. Chiaro che se poi le società negano i giocatori alle varie Nazionali, oppure non li fanno giocare, beh allora bisogna guardarsi negli occhi e capirsi. Alle Nazionali bisogna voler bene tutti i giorni, non soltanto quando va al Circo Massimo con la Coppa del Mondo".

Dove possono arrivare i club rimasti in corsa per Conference, Europa League e Champions?

"Cominciamo dalla Fiorentina: sta facendo un'ottima stagione. A me piace molto Italiano per come imposta il gioco, mai rinunciatario, sempre propositivo. Mi auguro che possa andare avanti e puntare al successo: il Lech Poznan è una buona squadra, ma comunque non di primissimo piano. Per L'Europa League abbiamo molte chance di andare avanti sia con Juventus che con la Roma".

E la Champions?

"Il derby Napoli-Milan – che tra l'altro giocheranno tre partite in 16 giorni tra campionato e Champions League – determina il fatto che una delle due andrà avanti, ma anche che perderemo certamente una squadra ai quarti. Poi c'è l'Inter, che ha il Benfica e può sperare. Non so da quanti anni tante squadre italiane non avanzavano in questo modo. Tutti quelli che danno sempre addosso al calcio italiano ora si devono rendere conto che non siamo proprio gli ultimi in Europa".

Ma si può pensare addirittura di tornare ad essere i primi già quest'anno, in Champions?

"Napoli, Milan ed Inter credo che abbiano tutte la possibilità di andare fino in fondo e provare a vincere. A mio modo di vedere il Napoli ne ha di più. In campionato è imprendibile – i napoletani facessero tutti gli scongiuri del caso – ed è una squadra così ben organizzata, così equilibrata e così divertente da vedere, che può aspirare senz'altro a vincere. Mi auguro che fra Inter, Milan e gli  Azzurri una nostra squadra alzi la coppa". 

Nel calcio italiano oggi c'è un uomo molto desiderato, in quanto di nuovo libero: Conte. Dove andrà?

"Può andare dappertutto. Ha un tale carisma, una tale preparazione ed una tale carica umana e competenza professionale che starebbe bene ovunque. Bisognerà vedere che cosa succede all'Inter, che cosa succede alla Roma. Conte aspira ad una squadra di vertice. Sento parlare dell'Inter che potrebbe avvicendare Inzaghi, come la Roma con Mourinho, anche se è stato smentito negli ultimi giorni. Sarei contento di rivedere Conte in Serie A: sarebbe un valore aggiunto".

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