ESCLUSIVA SI Floro Flores: “Napoli come il Barç di Messi-Ney-Suarez”

Dal Napoli, vissuto da calciatore napoletano in forza alla squadra della propria città, agli amichevoli scontri con due allenatori oggi protagonisti in Italia ed in Europa, come Conte e Sarri. L'ex attaccante Antonio Floro Flores si è raccontato in esclusiva ai microfoni di SPORTITALIA, ripercorrendo alcuni tratti della propria carriera.

Oggi Floro Flores allena, ed è attualmente libero dopo un'esperienza in Serie D, all'Angri. 

Antonio, come va il tuo percorso d'allenatore?

"Non sono mai stato più convinto di quello che voglio fare. In questo momento sono a casa, ho avuto l'esperienza ad Angri che non è stata molto felice, ma allo stesso tempo formativa a livello personale. In queste categorie non ci sono progetti a lungo termine: servono risultati subito altrimenti non vai bene. Ma è stata una grandissima esperienza. Mi godo la famiglia ed il calcio".

C'è un allenatore al quale ti ispiri in particolare?

"Non mi ispiro a qualcuno in particolare, tutti noi allenatori vogliamo fare qualcosa di nostro, di bello. Normale che vedendo giocare il Napoli, mi piacerebbe vedere la mia squadra giocare così, un giorno. Giro per imparare, ma poi devi metterci nel tuo. Oggi mi piacciono la squadra di Spalletti, il Milan e tante altre squadre d'Europa. De Zerbi e Italiano sono grandi allenatori, così come Dionisi".

A proposito del Napoli: mi racconti cosa hai vissuto, quando hai esordito con la maglia Azzurra da napoletano doc?

"E' arrivato tutto all'improvviso. Avevo 17 anni, qualche mese prima facevo il raccattapalle e vedevo gli allenamenti da lontano, dietro ai cespugli. Spiegarlo è impossibile: mi sveglio con il procuratore che mi dice "domani parti in ritiro con la prima squadra". Non capivo che stesse succedendo: mi sono lavato la faccia per capire se fosse un sogno. A gennaio arriva il debutto con la Roma: la mia famiglia era al settimo cielo solo al vedermi in panchina".

Poi l'esordio anche al San Paolo.

"Il coronamento di un sogno, contro il Milan. Una settimana intensa, si parlava di me tutti i giorni sui giornali. Non era facile essere al centro dell'attenzione, gestire le emozioni. E' stato tutto inaspettato ed emozionante".

Com'è vivere la città di Napoli, da calciatore.

"All'inizio molto bello, in modo spensierato non mi facevo problemi: non ero abituato. Di lì a poco chiunque per strada iniziava a chiedere autografi, ad elogiarmi, ma anche ad insultarmi, perché ci sono pure gli invidiosi. Napoli è una città che ti dà tanto, ma anche che ti toglie tanto. La mia infanzia non l'ho vissuta come gli altri: non potevamo uscire e fare le cose di tutti. Se perdevamo poi magari non potevamo uscire per non farci vedere in giro. Bel sogno, ma difficile: tornando indietro lo rifarei un milione di volte".

Riesci ad immaginare oggi la città in festa per uno Scudetto? Senza dimenticare il sogno Champions.

"Io non vivo a Napoli ora, anche se scendo spesso. C'è un'atmosfera bellissima. Chi non ha vissuto Maradona, lo vede oggi. Io lo vedo per esempio negli occhi dei miei figli, che vogliono scendere per festeggiare. E' la prima volta per noi, non ho mai vissuto una cosa simile. Anche solo per l'orgoglio di essere l'unica squadra a trionfare dopo Lazio e Roma, escludendo le tre big. Il riscatto di una città intera".

Cosa ti aspetti da questo triplo confronto con il Milan, prima in campionato e poi in Champions?

"Sono partite diverse. In campionato c'è poco da giocarsi, data la distanza. Il Napoli è una squadra che non dà l'impressione di avere punti deboli o difficoltà. Da quando gioco e seguo il calcio, è una delle squadre che maggiormente mi ha dato questa impressione. Stravincono le partite con una facilità impressionante. Mi viene in mente solo il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez. In Champions ci sarà una carica differente ed il Milan proverà a dire la sua".

Conte è libero e desiderato da tante. Mi racconti cosa lo rende così speciale?

"Con noi venne esonerato. Te lo racconto perché spiega bene la sua mentalità. Veniva da una società come la Juventus, aveva la mentalità da vincente. E la cosa speciale era il modo in cui lo trasmetteva a noi: questa voglia non solo di vincere, ma di essere il più forte, di dimostrare. Quando dunque tornò dopo l'esonero mi stupì vedere come fosse anche cambiato, più convinto e con le idee chiare. Infatti facemmo un percorso vittorioso senza sconfitte".

Era presente anche nel quotidiano?

"Sì, una vera rottura di coglioni (ride, n.d.r.). Sull'alimentazione per esempio: non devi pensare al calcio di oggi, dove tutto viene programmato dalle macchine: era lui a sobbarcarsi tutto quel lavoro. Su ogni dettaglio era così. Si vedeva che quella passione gli arrivava da dentro e ce la trasmetteva".

Per questa voglia di vincere, in Italia lo vedi solo all'Inter o alla Juventus?

"Credo che sia un po' ossessionato dalla Champions. Se ha fatto certe interviste al Tottenham è perché non riusciva a trasmettere la sua mentalità. Si può dire tutto, ma ovunque ha vinto con squadre rimaneggiate e dopo anni difficili. A Londra non c'è riuscito, nemmeno con la società, infatti da molto non vincono".

E Sarri, invece, come lo ricordi?

"Proprio l'opposto. Aveva quel carattere particolare, diciamo: fumo, bestemmie e quanti insulti mi ha tirato (ride, n.d.r.). "Tu sei veramente un grande cogl***e: come è possibile che uno come te sia ancora in Serie B?" – mi ripeteva in allenamento. Me ne diceva di tutti i colori, ed aveva ragione. Come per le scarpe, che dovevano essere nere o te le faceva colorare. Ora si è solo adattato perché non può fare altrimenti, ma è uguale a vent'anni fa. Ma su una cosa è uguale a Conte".

Cosa?

"La passione, così come la capacità di trasmetterla. Nel voler fare quel tipo di gioco, di mettere in pratica le sue idee. Era già un maniaco della tattica, delle palle inattive. Solo che c'era un calcio diverso: palla avanti e pedalare. Già allora era arrivato dove è il calcio oggi, con le uscite dal basso ed il resto".

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