Westbrook ai Clippers e la malsana abitudine di firmare giocatori a caso

Russell Wesbrook resta (o torna, a seconda di considerare come reale o meno il suo passaggio in quel di Salt Lake City) a Los Angeles e passa ai Clippers. La notizia di per sé fa rumore, ma giusto per una questione mediatica: la tentazione di montare l'operazione rivincita di Brodie contro i Lakers, i suoi tifosi e il suo Capo (quello col 6) è troppo ghiotta per essere lasciata lì. Ma al di là di questo, grattando la superficie dell'ennesima storia che farà consumare le tastiere delle redazioni e partorirà migliaia di tweet nel web, cosa resterà di questa scelta? A costo di sbagliarci, probabilmente nulla. Se non si trattasse di basket, vincerebbero tutti: Westbrook, che ha la possibilità di non spostare la famiglia e di non lasciare per altri 6-7 mesi la città dove è nato (da Long Beach, CA) e diventato giocatore (UCLA). Paul George, che ritrova l'amichetto piantato in asso a Oklahoma City ma con cui si era tanto amato. I Clippers, che cercano di colmare con l'ennesima operazione "nostalgia" il complesso di inferiorità di essere la seconda squadra di Los Angeles. Poi però, bisogna scendere sul parquet. E allora l'addizione di Westbrook somiglia sinistramente al tentativo fallito già con John Wall solo poche settimane fa: aggrapparsi al "ciò che fu" nella speranza che torni, ignorando completamente ciò che invece è.
Tanto per prendere una statistica a caso ma non troppo: Terance Mann, l'uomo che verosimilmente finirà fuori dal quintetto per far spazio allo 0, tirava in stagione con un più che pregevole 39,2% da 3, in un sistema dove ovviamente non era quello il suo compito prioritario (2,5 tentativi di media a gara) ok, ma di certo non era battezzabile. Se vi state chiedendo la % di Westbrook: 29,2%, con 4 tentativi a gara. Ma a fare molto più rumore è un altro dato, quello delle palle perse: Mann mette assieme di media 1 palla persa a gara. RW, ben 3.5. E sorprendentemente, scoprirete che quel 3,5 è il suo miglior risultato dal 2013 ad oggi: figlio ovviamente dei minori minuti giocati e delle minori responsabilità in casa Lakers. Ma nonostante tutto, un numero ancora incredibilmente alto che deriva dal vero limite di Westbrook: la personalità. La voglia di essere sempre e comunque un mangiapalloni, senza capacità di mettersi al servizio della squadra (andando oltre il numero di assist, sempre "statisticamente" pregevole) per sacrificio, ruolo e dinamiche di spogliatoio.
Con 33 vinte e 28 perse, i Clippers "vedono" i playoff con sufficiente serenità. Ma davvero un 34enne egocentrico, col motore che va al 10% dei bei tempi, è l'addizione da titolo? Perchè nel "progetto" (?) di Balmer, prima o poi, sarebbe il caso di porre un orizzonte temporale entro cui stabilire ufficialmente il fallimento, dopo i proclami in pompa magna. Altrove - vedi Dallas e Phoenix - si azzarda meglio. E in tanti, da Sacramento a New Orleans, hanno futuro. E persino gli odiati Cugini stanno pensando non solo all'ultimo ballo di LeBron, ma anche a cosa fare dopo. L'estate 2024 in cui sia Paul George che Kawhi Leonard saranno free agent (entrambi con una player option da una 50ina di milioni a testa per un altro anno) sembrava lontana anni luce, ma ormai fa spaventosamente capolino...