F1: profondo rosso Ferrari. Mancano prestazioni, programmazione e (probabilmente) anche soluzioni.

06.06.2023 19:15 di Redazione SI Motori   vedi letture
Fonte: a cura di Filippo Gherardi
F1: profondo rosso Ferrari. Mancano prestazioni, programmazione e (probabilmente) anche soluzioni.

Confronti numerici e statistiche a parte, la Ferrari di questi tempi è con molta probabilità la più deludente degli ultimi vent’anni. Ce ne sono state, e ce le ricordiamo, stagioni scandite da profonde difficoltà di rendimento, aggrappate al talento individuale di campioni chiamati a caricarsi sulle proprie spalle le speranze collettive. Prima tanto Alonso, poi lampi di Vettel e infine qualcosina da Leclerc.

Tuttavia, la realtà che appare ancor più delineata dopo l’ultimo fine settimana di Barcellona porta in dote sensazioni negative, e malinconiche, capaci di toccare picchi poche volte raggiunti in questi ormai lunghissimi quindici anni di astinenza dall’ultima Ferrari mondiale.

Partiamo proprio da questo aspetto: dagli ultimi titoli iridati (costruttori nel 2008 e piloti con Raikkonen nel 2007) è passata praticamente una generazione. Sportiva, manageriale e culturale. Questo vuol dire che esiste una folta schiera di tifosi, addetti ai lavori o semplici appassionati della Formula 1 tanto quanto del motorsport in generale cresciuti ed abituati al concetto di una Ferrari perdente.

Per certi versi potremmo definirli quasi rassegnati all’idea che prima o poi, come è successo ad esempio lo scorso campionato, qualche problema uscirà fuori nel rendimento della Rossa e qualcun altro, puntuale, saprà approfittarne per riempire le proprie bacheche di trofei.

In sostanza, l’immagine di una Ferrari sul tetto del mondo è ormai sbiadita nei libri di storia. Coperta da una patina sempre più consistente di ricordi che trasformano la versione attuale in un carrozzone caotico e apparentemente alla deriva.

L’impressione è che indossare la tuta Rossa di Maranello non sia più quell’obiettivo, professionale, che molti davano per assodato negli anni passati. I tecnici, quelli migliori, o se ne vogliono andare (pensate al caso dell’attuale ds Mekies) o peggio ancora rigettano a priori l’idea di un arrivo (come confermò anche Horner durante il toto “erede-Binotto” dello scorso inverno).

Stesso discorso, se non ancora più allarmante, vale anche sul fronte piloti. I big, Verstappen in primis, diventano metaforiche illusioni da introdurre in chiacchiere e ragionamenti da bar del (motor)sport, invece di realtà concretizzabili come accadeva prima con i Lauda, Prost, Schumacher e fino ad Alonso e Vettel. Leclerc e Sainz non sono la coppia più scarsa in circolazione, è doveroso sottolinearlo, ma la percezione che arriva, soprattutto dalla desolante rassegnazione del monegasco, è che entrambi siano stati risucchiati senza capacità di opporsi da questo profondo buco nero. E sperare che siano loro, da soli, i primi ad uscirne sembra davvero un'utopia. 

La Ferrari che stiamo vivendo (e soffrendo) è la risultante di una confusione imprenditoriale sommata ad assenza di sviluppo ed immobilismo tecnologico. Un'addizione di fattori facilmente riscontrabili in quello che è stato, durante lo stesso lasso temporale, anche il percorso involutivo del comparto automobilistico italiano. Un settore di cui la Rossa è da sempre copertina di passione, e di cui oggi è diventato il manifesto più allarmante.