Se prendi Conte, devi portare a casa tutto il kit. Casalinho o Zaccagninho e il problema è risolto

Antonio Conte ha salutato i tifosi del Tottenham con una lettera pubblicata sui social. Ha speso belle parole, ha voluto ricordare chi gli è stato vicino, ha messo un po’ di zucchero su una torta abbastanza avvelenata. Conte aveva ritenuto chiuso il suo ciclo al Tottenham, avrebbe voluto tagliare la corda con qualche mese di anticipo, non se la sentiva più di andare fino in fondo e magari ha pensato che sarebbe stato bello lasciare gli Spurs quarti in classifica pure con un paio di partite in più rispetto al Newcastle. Bene, scelta legittima, non puoi costringere tizio e caio a restare in sella se non hanno più voglia e con la testa altrove. Ma non capiamo due cose e mai le capiremo. La prima: per quale motivo un allenatore che guadagnava 17 milioni netti a stagione dovrebbe prendere una buonuscita ottima e abbondante? Se vuole andare, si dimette e se ne va come accade in qualsiasi posto di lavoro. Tu vai dal tuo datore, gli dici che rinunci, preparano una bella lettera, se hai maturato un tfr dopo 20 anni di fedeltà e applicazione fai in modo che tornino tutti i numeri. Qui stiamo parlando di circa 17 mesi strapagati, con spese stellari sul mercato (mettete un occhio agli investimenti e fate i vostri conti), Levy ha allargato i cordoni senza badare al milione in più o in meno pur di fare il possibile. Quindi, vuoi andare? Bene, vai, ma non chiedere altro. Inutile fare i calcoli sui quasi due punti di media a partita, conta il fritto piuttosto che le chiacchiere: eliminazioni in Conference e Champions, campagna europea fallimentare, mi vuoi dare un almeno un quarto posto pur esibendoti nel campionato più complicato al mondo? Se metti in discussione anche quel risultato minimo, oppure lo giudichi come un autentico miracolo, allora è meglio occuparsi dei massimi sistemi o della prossima spedizione sulla luna. I miracoli li ha fatti Claudio Ranieri vincendo con il Leicester, non certo Antonio Conte al minimo sindacale dei risultati. Che sia un grande allenatore nessuno lo discute, critichiamo il fatto che gli si debbano dare meriti oltre la realtà delle cose. Meglio di lui aveva fatto Pochettino in un periodo delicatissimo, gli Spurs non potevano spendere sul mercato perché erano concentrati sulla costruzione dello stadio-gioiello, Mauricio ha accettato in silenzio, ha lavorato e ha fabbricato risultati. Cosa avrebbe fatto, al confronto, Conte Antonio da Lecce? Ma la seconda cosa è ancora più inquietante: può un Comandante con tanta voglia di congedarsi sparare melma in conferenza sui suoi calciatori? È la cosa peggiore che ci sia, la cosa da evitare, la cosa che lascia disgusto, pur essendo chiunque libero di fare come gli pare. Chi vorrà Conte, dovrà prendere il solito kit, ma tutto il kit e non il 70 per cento: ingaggio, mega squadra da costruire ben oltre i conti più o meno in ordine, a lui questi discorsi interessano zero. È chiaro che voglia tornare in Italia, ma bisogna capire davvero chi sarà in grado di prendere il famoso kit, ben oltre le supposizioni delle ultime ore. E crediamo sia ancora presto per abbozzare un discorso che abbia una minima profondità, il resto lo vedremo presto.

Le ultime convocazioni di Roberto Mancini sono uno schiaffo enorme alla meritocrazia del campionato. Come se la Serie A fosse stata sospesa a data da destinarsi, come se non ci fossero stati indizi, come se tutti fossero scarsi. È vero, non ci sono i talenti di una volta, ma quelli che ci sono non possono essere messi in uno sgabuzzino. Avremmo sei o sette nomi da fare, premesso che avremmo convocato anche Zaniolo che in questo momento serve come il pane, come il caffè alle otto di mattina e come un tuffo in mare a metà luglio. Niente da fare, ripassa che sarai più fortunato. Mettiamo un punto definitivo su Pafundi, classe 2006: forse doveva fare il testimonial per le prime due partite delle qualificazioni Europee, l’uomo immagine magari con qualche sfilata programmata. Boh. Pafundi è forte e lo dimostrerà, ma se lo convochi fammi capire il perché, non abbiamo bisogno di fumo negli occhi. Il povero Mihajlovic fece esordire Donnarumma senza se e senza ma, a 16 anni, per le migliori fortune sue e del Milan. Pafundi è il punto più alto del super ego senza un perché del nostro commissario tecnico. Non si può trascurare Udogie, una bestemmia. Non si può evitare Locatelli, oggi in grande spolvero. Non si può bypassare Fagioli, evitato ancor prima che si infortunasse lievemente e relegato all’Under 21. Non si può giocare a quattro con gente (Toloi e Acerbi) abituata da una vita o quasi a tre. Non si può dire “a Malta farò una rotazione”, quando le scelte le avrebbe dovute fare contro l’Inghilterra. Dopo il 2-0 a Malta (l’equivalente di una squadra da bassissima B e media C) abbiamo letto che ci sarebbero stati “segnali per la svolta”. Noi la pensiamo esattamente al contrario, segnali per uno sconforto. Se dobbiamo (devono) difendere mediaticamente Mancini per avere vinto un Europeo lo dicano pure. Anzi, lo facciano anche perché nessuno ci crede, noi ci siamo tirati fuori da mesi. A Casale e Zaccagni, sorprese del campionato, consigliamo di andare all’ufficio anagrafe e di modificare il cognome. Garantito al cento per cento che, se uscissero con una nuova carta d’identità e si chiamassero Casalinho e Zaccagninho, avrebbero il posto assicurato a vita. E potrebbero anche giocare nel parco sotto casa, tanto la meritocrazia del campionato (loro protagonisti da sempre in questa stagione) è finita sotto i piedi.

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