Osi più Kvara: il trionfo delle idee. Lookman più Hojlund: quando i ds contano

È troppo facile spendere 70 milioni per un attaccante. Basterebbe avere un budget importante e qualsiasi direttore sportivo potrebbe esibirsi, anche quello che non ha mai visto 10 partite dal vivo, che si occupa di bricolage o che si aggrappa ai whatsapp o agli highlights taroccati per acquistare un calciatore.

Taroccati nel senso che molti highlights contengono spesso le stesse azioni, quelle che mettono in evidenza le qualità di tizio o caio, ripetute due o più volte. Ma quando spendi 70 non dovresti essere molto fiero di fare il direttore sportivo, semplicemente perché non esiste una tua idea ma soltanto l’onda lunga del passaparola su un talento che si è ormai consacrato. La domanda sarebbe: che sfizio c’è nell’acquistare chi è sulla bocca di tutti da mesi e mesi? Sì, ci sarebbe lo sfizio di spendere e non possiamo discutere il gesto da ricchi sfondati. Ma vuoi mettere il gusto profondo di scoprire qualcuno allo stato embrionale con la forte – fortissima – possibilità che un euro possa presto valere 100 o 1000? È un gusto senza paragoni, la consacrazione per chi fa un lavoro difficile e per chi non vorrebbe essere come gli altri. Ma diverso dagli altri, con l’originalità, la passione e la competenza necessarie per svolgere un mestiere troppo complicato. C’è il “gregge” ma per fortuna anche esistono quelli che escono dal “gregge” e che sanno ragionare con la propria testa, senza la necessità di dover aver 70 milioni per agire. Ci sono quattro esempi da fare: Osimhen più Kvaratskhelia e Lookman più Hojlund. Le traiettorie possono sembrare diverse, ma alla fine il risultato è lo stesso. E la sintesi è soltanto una: se un direttore sportivo è bravo, non ha bisogno di farsi sponsorizzare e neanche di rispondere a domande telecomandate. È bravo e basta.

Per Victor Osimhen il Napoli ha speso una cinquantina di milioni, non i 70-80 che dicono, considerato il collegamento di varie operazioni nell’affare con il Lille. Quanto vale oggi Osimhen? Abbiamo la sensazione che, se qualcuno offrisse 150 milioni, De Laurentiis chiederebbe qualche bonus in più tanto per divertirsi nella corsa al rialzo. La scorsa estate qualcuno sarebbe arrivato a 100 e non sarebbe bastato, De Laurentiis avrebbe sempre invocato almeno 20 di bonus in più. La famigerata trattativa Cristiano Ronaldo, attribuita al Napoli con una buona dose di invenzione, era soltanto il tentativo di Jorge Mendes di trovare una soluzione europea al suo amico CR7 e contemporaneamente di fare cassa piazzando il centravanti emergente. Il Napoli mai ci sarebbe cascato. Kvaratskhelia è un’altra storia: il Napoli ha chiuso l’affare a marzo, quasi un anno fa, in anticipo perché il timore era quello che qualcuno potesse inserirsi e rilanciare. Dieci milioni per Kvara, oggi forse 100 non basterebbero, presto il prolungamento e un doveroso (sostanzioso) adeguamento. Osi più Kvara: arriviamo a un totale di 250 milioni, la forza delle idee, il “magazzino” che diventa d’oro. E gli altri che si limitano a dire “Kvaratskhelia? Lo avevo visto, mi piaceva tanto, lo avrei preso se…”. Se, se, se: balle.

Lookman e Hojlund all’Atalanta sono la prova ulteriore che amplifica la nostalgia di Ivan Juric. L’allenatore del Torino ha lavorato con Tony D’Amico a Verona e spera di poter avere presto un uomo mercato che riesca a non perdere tempo, che non si smarrisca nelle riflessioni interminabili, che sappia giocare di anticipo. La coppia Juric-D’Amico a Verona era un assegno in bianco da riempire, il ritorno sarebbe stato assicurato e i risultati hanno parlato più di qualsiasi nostra considerazione. D’Amico è arrivato a Bergamo e ha lavorato per Gasperini, alla ricerca di gente capace di interpretare un nuovo ciclo, la qualità al potere. Ha trovato un’eccellente semina, ha seguito quella traccia. Lookman si era un po’ smarrito in Premier, la Dea è andato a prenderlo lì, ha messo 15 milioni a disposizione (bonus compresi) e se oggi chiedessimo la valutazione aggiornata del cartellino andremmo a più del doppio. Il signor Hojlund è una storia semplice: proposto a tanti, quasi a tutti, tanti o quasi tutti hanno immaginato che 17 milioni allo Sturm Graz per un attaccante del 2003 sarebbe stata una forzatura enorme oppure un rischio incalcolabile. Adesso che lo hanno visto, si sprecano i paragoni, per molti è il nuovo Haaland, chi parla dopo e non prima è davvero di una banalità disarmante. Quei 17 milioni sul tavolo li ha messi D’Amico con il placet della famiglia Percassi, mentre il suo collega al Torino si dibatteva tra un diritto o un obbligo per Shomurodov, aggrappandosi a Karamoh e Sanabria, neanche immaginando che Kvaratskhelia si potesse prendere per 10 milioni. E poi dicono che Juric non debba avere nostalgia…

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