Cosa resta di Qatar2022: topXI, e soprattutto il vento che non puoi fermare

Cosa resta di Qatar2022. Ci chiederemo per il resto della nostra vita dove fossimo durante Argentina-Francia, la partita del secolo XXI e forse anche di quello precedente.

Ma non è solo il calcio.

Quello rimarrà nella nostra memoria per sempre, mentre per le prossime settimane ci alambiccheremo con i protagonisti.

A partire dalla top XI, in rigoroso 4-3-3:

Dibu Martinez, semplicemente decisivo;

Hakimi, trascinatore;

Maguire, mai così maturo;

Gvardiol, sorprendente;

Theo Hernandez, esplosivo;

e poi Griezmann, totale;

Enzo Fernandez, incredibile nella sua parabola;

Bellingham, prorompente;

infine Ziyech, straripante;

Messi, il miglior giocatore del Mondiale;

Mbappé, uno per cui l’unico paragone del passato sostenibile sembra essere Pelé.

Ma non è solo il calcio, e non sono solo i calciatori.

Ci sono poi i migliori e i peggiori.

La miglior squadra, il Marocco, un miracolo a cui non possiamo abituarci;

e la peggiore, il Qatar, la peggior squadra ospitante di sempre.

Il miglior giocatore ovviamente Leo;

e il peggiore Suele, in rappresentanza di una difesa tedesca indegna dello status.

Il miglior allenatore naturalmente Regragoui, che ha reso reale l’impossibile;

e il peggiore Roberto Martinez, inefficace e deleterio.

La miglior partita, la finale che ci ha cambiato la percezione;

e la peggiore, un’Inghilterra-USA buona solo per i media anglosassoni;

la sorpresa, di nuovo ovviamente il Marocco;

e la delusione, quel Brasile che in proporzione è riuscito a fare peggio di Belgio e Germania, autoeliminandosi con la sua spocchia.

Il miglior gol, il primo di Mbappé alla Polonia, un fendente da fermo che sutura la differenza spazio-tempo.

E infine i migliori tifosi, i marocchini che hanno scosso il Qatar dall’entroterra (ma la sfida è alla pari con gli argentini che hanno riempito il cuore);

e i peggiori tifosi, quegli olandesi che ai Quarti di Finale contro l’Argentina si sono presentati solo in 300, che non hanno viaggiato in Medio Oriente in osservanza delle campagne stampa del pre Mondiale, loro soprattutto ma anche altre rappresentanze europee.

E qui è il punto.

Perché non è solo il calcio, i calciatori, i migliori e i peggiori.

Quel che resta di Qatar2022 è un prezioso regalo che ti lascia dentro ogni Mondiale, che ti cresce nel tempo, e che permette di capire il vero senso di tutto questo sogno, o questo circo, o questo girotondo di adulti.

Non è soltanto l’euforia dei giorni più divertenti che ci offre la nostra vita.

E’ andare oltre i confini di ciò che conosciamo, o meglio di ciò che crediamo di conoscere.

Al di là del Mondiale organizzato perfettamente, su cui francamente c’erano pochi dubbi se si conosceva davvero la situazione del luogo, forse i Mondiali organizzati nella migliore maniera di sempre.

Ma non è nemmeno quello il punto.

Tutti i popoli che sono andati in Qatar andando oltre gli stereotipi, oltre quanto era stato raccontato dai giornali occidentali per anni, oltre la nostra idea di paesi arabi, hanno potuto finalmente incontrarsi con il mondo arabo da noi sempre così lontano anche quando ci è accanto.

Il popolo qatariota, ma per estensione chi è residente e lavora in Qatar anche attraverso lavori umili, e il popolo arabo per estensione che anima il Qatar, ha potuto accogliere gente di tutte le culture da tutta la terra, ha potuto finalmente incontrarsi e non scontrarsi con altri costumi, mostrando la propria voglia di poter essere padrone di casa, illustrando il proprio mondo ma non imponendolo, con il genuino slancio di chi vuole farti sentire a tuo agio nella propria casa.

Latini, arabi, estremo Oriente, africani, anglosassoni, etc. ognuno ha avuto il puro istinto di incontrare e scoprire, offrire e mostrare.

Sono 30 giorni ogni 4 anni, e so bene che non si tratta della vita vera, di quella quotidiana.

Ma quello che lascia Qatar2022 è proprio questo: non solo l’illusione, ma l’esempio, in una terra diversa e lontana, ma che può essere vicina e comune, di come per gli uomini di buona volontà la convivenza pacifica tra i popoli possa essere davvero possibile.

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